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La Mirabolante Storia degli Uccelli Migratori
Categories: general

OTTAVA EDIZIONE DEL CARNEVALE ANTIRAZZISTA

La Mirabolante Storia degli Uccelli Migratori

 

Esiste un mondo, non lontano da qui, popolato da tante specie di uccelli che vivono nelle sue più variegate e magnifiche regioni.

La bellezza di questo mondo sta nel fatto che ogni specie è caratterizzata da un diverso colore del manto piumoso e da un tipico verso. La loro capacità è di volare talmente in alto fino a sfiorare il Sole e, in questo modo, dare ancora più vita e splendore al colore delle loro piume.

Essi volano liberamente da un punto all’altro di questo mondo e si scambiano tra loro i vermetti, i canti, le tecniche di volo e d’intreccio dei ramoscelli, senza mai perdere occasione di farsi i complimenti sui colori del piumaggio.

Tuttavia, in questo mondo, dove volare è naturale, a volte diventa proprio necessario.

Perché? Vi chiederete. La storia che inizia proprio a questo punto ci rivelerà tutto.

In una notte di metà luna piena sui rami di un grande albero si incontrarono per caso uccelli migratori provenienti dai cieli più diversi e lontani e con colori, forme e versi altrettanto diversi, iniziarono a raccontarsi a vicenda le storie dei loro viaggi.

Un piccolo stormo di uccelli migratori dalle piume di uno splendido nero, lucido e profondo, solo un po’ arruffate dal lungo viaggio, spiegò che erano volati via dalla loro terra perché tutti gli alberi erano stati tagliati. Quindi niente alberi…niente case. Si poteva vivere a terra, ma il terreno era tutto ricoperto di cemento, ora, l’acqua scarseggiava e quella buonissima e rara specie di vermetto, di cui si nutrivano, non esisteva più.

Gli uccelli di un altro stormo, le cui penne sembravano le pennellate variopinte di un pittore, raccontarono che stavano viaggiando perché quella era sempre stata la loro natura e sempre lo sarà. Si sentivano a casa in ogni luogo e amavano mettere il becco tra le bellezze e i misteri dei cieli e delle terre che attraversavano. Qualunque uccello, dicevano, che si sente libero di andare da un posto all’altro, può farlo davvero.

Un timido uccello migratore, incantato dalle parole degli uccelli variopinti, si fece avanti nell’improvviso silenzio che si era creato e cominciò a raccontare la sua storia.

Nella sua terra di origine, erano tutti abilissimi architetti e costruttori di case sugli alberi, tanto che li chiamavano da boschi e foreste lontane per chiedergli aiuto in cambio di succulenti semi e vermetti da portare al proprio nido. Ma un giorno, degli uccelli senza colore, cosa alquanto bizzarra per il nostro mondo, venuti da chissà dove e chissà come, visto che avevano anche le ali legate, impiantarono delle “fabbriche automatiche del legno”, chiamate “NIDEA”. Per caso questi uccelli erano goffi e tozzi? , chiese un uccellino dello stormo arruffato. Si, rispose il timido uccello migratore. E avevano il becco sempre rivolto a terra e più che un verso emettono un cupo brontolio? Chiese un migratore dalle penne amaranto. Esatto, li conoscete?, chiese il timido uccello migratore. Gli altri uccelli si guardarono in silenzio con aria interrogativa.

No! Rispose qualcuno alla fine, e così ripartono i cinguettii tra risate, lacrime e ricordi dei nidi lontani. Gli stormi diventarono amici tra loro a tal punto che decisero di proseguire insieme la migrazione verso terre sconosciute, in cerca di avventura, bellezza o anche solo tranquillità. Insieme si fecero coraggio e, sicuri che così non si sarebbero sentiti mai soli, ma parte di un unico grande stormo, l’indomani all’alba ripresero il volo.

I voli, si sa, non sono mai semplici. Tante sono le tempeste, i vuoti d’aria, le forti correnti che li accompagnano.

Dopo una tappa decisamente burrascosa, lo stormo decise di riposarsi e abbeverarsi in quella bella radura verde laggiù, proprio accanto a quel lago cristallino. Sicuramente ci vivranno degli uccelli come noi, pensarono in coro, Non vedo l’ora di vedere di che colore hanno le piume e che verso fanno!

Mentre si rifocillavano, giocavano con l’acqua e facevano amicizia con i volatili del posto, si avvicinò al lago un gruppo di strani uccelli goffi e tozzi, dal passo pesante, le ali legate, che più che cinguettare emettevano un cupo brontolio, col becco sempre rivolto verso il suolo. Gettavano attorno sguardi freddi come al di sopra di occhiali che non portavano.

Da quello che si poteva capire dal loro borbottio, gli uccelli migratori intesero solo delle frasi qua e là: Fate come noi…legate le vostre ali…essere troppo colorati è una cosa disdicevole…vergogna…il suolo è l’unica sicurezza, al suolo si trovano i vermi, non nel cielo…mica come quelli li, che arrivano da chissà dove, per portarceli via, e toglierli ai nostri pulcini.

Bè in fondo ci potrebbero essere vermi e semi per tutti, qui, stiamo cosi bene che…Un uccellino del posto non ebbe finito la frase, che subito uno dei goffi uccelli prese a gridare: Non dire cinguettate!..qui i vermi scarseggiano già solo per noi, figurati per quelli lì. Ma l’uccellino insiste: una gran parte della radura è circondata e non si può andare, sono sicuro che lì è pieno di…Ma stai zitto, che se non fosse per noi che proteggiamo i nostri vermi quelli come te ora sarebbero solo dei polletti spennati! L’uccellino, non sapendo cosa rispondere, tacque confuso.

Il grande stormo, circondato da quei tozzi e goffi uccelli che non volavano, capì che da quelle parti non era aria, e si preparò a riprendere il volo.

Guardandoli decollare, il più tozzo e goffo di loro, disse a un suo vicino: Manda qualcuno ad avvisare lo stormo centrale, digli che si stanno avvicinando. Così il suo socio prese un piccolo passero impaurito in disparte, gli riempì le ali di lombrichi e gli diede indicazioni. E come premio, aggiunse l’uccellaccio, se farai un buon lavoro faremo una cerimonia di legatura delle ali tutta per te, altrimenti… E fece un gesto molto eloquente. Il passero, confuso e impaurito, mise da parte i vermi per la sua famiglia e volò, a malincuore, a svolgere il compito assegnatogli.

Gli uccelli del grande stormo ripresero il volo e si guardarono l’un l’altro stupiti di ciò a cui avevano assistito. Ma non fecero in tempo a percorrere qualche miglio aereo che rimasero impigliati in qualcosa che fermò all’improvviso il loro volo. Era una rete, di come non se ne erano mai viste, con buchi piccoli abbastanza da far incastrare teste, ali, zampette. All’inizio nessuno comprese cosa stava succedendo, ma gli uccelli delle retrovie si accorsero ben presto della trappola e urlarono a tutto lo stormo di tornare indietro. Ma era troppo tardi. D’un tratto comparvero gli uccelli senza colore dalle ali legate, che per l’occasione indossavano uno strano berretto, e indifferenti alle domande degli altri uccelli cominciarono a portare via quelli in trappola che, intanto, si dimenavano, sbattevano le ali più che potevano, provavano a mordere col becco le corde della rete. Ma niente. Vennero portati in enormi gabbie dove, si narra, rimanevano rinchiusi per anni aspettando di essere rispediti da dove erano venuti, o venduti in gabbiette monoposto in altri mondi per il diletto di altri esseri viventi.

Ad assistere a questo triste spettacolo, oltre a quelli che erano scampati alla trappola, era accorso anche l’uccellino che al laghetto aveva osato contraddire gli uccelli senza colore. Era inorridito da quello che stava accadendo e si chiese cosa potesse fare per aiutare quei poveretti insaccati nella rete.

Si rivolse verso i suoi amici uccelli migratori e ricordò loro che con la potenza dei loro singoli versi uniti in un grande coro e mescolando l’immensa varietà dei colori delle loro piume avrebbero potuto salvare gli altri in gabbia e continuare tutte e tutti insieme il viaggio senza lasciare nessuno lontano dal gruppo.

Così lo stormo e tutti gli uccelli presenti, guardandosi intorno e sentendosi parte di una grande famiglia decisero di andare nel luogo dove c’erano le grandi gabbie e liberare tutti gli uccelli che vi erano imprigionati all’interno.

La gabbia cominciò a tremare e scardinarsi al suono del canto che si avvicinava sempre più fino a rompersi e aprirsi definitivamente. Gli uccelli liberati formarono un unico, immenso stormo, di nuovo libero di volare e di far scintillare i colori sfavillanti delle penne, che brillavano talmente alla luce del sole, che questa si rifletteva su di loro e colpiva in pieno le gabbie, che cominciarono lentamente a bruciare.

Tutti gli uccelli, migratori, indigeni, di passaggio, fecero una grande festa intorno al fuoco prima di riprendere il viaggio. Si salutarono facendosi la solenne promessa che ovunque avessero incontrato delle reti o delle corde che impedivano ad altri uccelli di seguire la propria natura e di volare liberi, avrebbero fatto di tutto per spezzarle.

E lo fanno ancora. Finché ci sarà il sole ad illuminare i loro colori, finché avranno voce per intonare i loro canti.

 

RETE ROMA SUD

 

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